Acque potabili
Per definizione, è detta potabile, l’acqua che può essere bevuta o impiegata nella preparazione degli alimenti senza pregiudizio alcuno per la salute. L’acqua non deve quindi contenere sali tossici (generalmente da metalli pesanti: nichel, cromo, cobalto,mercurio, ecc.), sostanze organiche riconosciute tossiche (prodotti della decomposizione organica o inquinanti quali insetticidi, pesticidi, diserbanti, ecc.), né batteri che potrebbero dare luogo a vere e proprie manifestazioni patologiche.
In alcuni casi un’acqua, anche se definita potabile, può non essere indicata per persone
predisposte per particolari disfunzioni fisiologiche. Ad esempio, l’acqua fortemente calcarea
è sconsigliata a soggetti con predisposizione ai calcoli renali, mentre la stessa acqua è
benefica per l’apporto di calcio al sistema osseo.
La presenza di particolari sostanze
potrebbe conferire all’acqua odori e sapori sgradevoli, ma ciò, in concentrazioni molto basse,
può non incidere sulla potabilità dell’acqua stessa (sapore di cloro, ferrugginoso, ecc.).
Dal punto di vista sanitario, la legislazione vigente stabilisce dei valori guida e dei
valori limite ammessi delle concentrazioni delle varie sostanze, ai fini della potabilità
dell’acqua. Il Decreto legislativo 2 febbraio 2001 n° 31,stabilisce le
concentrazioni massime ammissibili (C.M.A.) per le sostanze che possono essere presenti
nell'acqua destinata al consumo umano:
il superamento di un solo dei parametri previsti
determina la non potabilità di un'acqua. I limiti sono stabiliti tenendo conto dell'assunzione
massima giornaliera su lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale
tossicità.
Nella maggior parte degli acquedotti le acque sono sottoposte a disinfezione.
Quando la disinfezione è operata mediante l’impiego di composti del cloro questi ultimi, che pur garantiscono la qualità microbiologica dell’acqua al punto di consegna, modificano molto spesso i caratteri organolettici (odore e sapore).